Italia: IRI in liquidazione, addio a Stato-padrone

Per 67 lunghi anni questo Istituto per la Ricostruzione Industriale è stato un vero padre-padrone dell'industria pubblica italiana. E anche se l'uscita di scena non è definitiva, per l'Italia si aprono pagine nuove.
Nato, come molte istituzioni in Italia, con un incarico provvisorio (risanare e riformare il sistema bancario italiano, in profonda crisi a causa dell'enorme immobilizzo di capitali nel sistema industriale), l'Istituto fu confermato nei suoi compiti nel 1937, in occasione della guerra di Abissinia.

Con la ricostruzione post-bellica, e poi ancora negli anni a venire, le sue attività si sono sviluppate nei settori più diversi, fino a farlo diventare il maggior colosso del Paese, con partecipazioni in banche, imprese alimentari, siderurgiche, cantieristiche, dei trasporti e delle telecomunicazioni. E dopo alti e bassi (con rossi di bilancio fino ad oltre 10mila miliardi di lire), l'istituto - trasformato in spa nel 1992 - si è presentato all'assemblea di oggi, l'ultima della sua storia, con un utile di 7.226 miliardi di lire, il più alto mai registrato da una società per azioni in Italia.
«Non si tratta proprio di una liquidazione per fallimento», ha spiegato Piero Gnudi (il presidente che con i direttori Ciucci e Prato accompagnerà l'istituto alla pensione) bensì di una «missione finita».

L'Iri è stato «un grande protagonista», nato quasi come «una arca di Noè», come istituto di temporanea gestione e liquidazione di imprese che trovò la sua «vera missione» nel dopoguerra, ha dichiarato il presidente del consiglio Amato, dicencdosi soddisfatto che oggi, tenendo fede agli impegni europei, l'Iri venga liquidato.

(sda)