Francia: passa quinquennato ma è astensionismo-record

publiziert: Sonntag, 24. Sep 2000 / 22:15 Uhr

Parigi - "Trovate i dieci minuti necessari per votare". Così Jacques Chirac li aveva spronati ma loro niente: i francesi sono rimasti oggi a casa e hanno snobbato alla grande il referendum sulla riduzione del mandato del capo dello stato da sette a cinque anni.

Per fortuna di Monsieur le President, promotore della consultazione, la cruciale riforma costituzionale è lo stesso passata. Un referendum è valido anche se ai seggi va un pugno di elettori. E i pochi che hanno trovato i dieci minuti per il voto hanno detto "oui" in oltre il 70 per cento dei casi.

Lo sciopero delle urne è però il dato senz´altro più impressionante: mai era stato tanto massiccio nel paese di Robespierre. Nemmeno al plebiscito del 1988 sul remoto problema dell´autonomia in Nuova Caledonia quando risposero all´appello 36 francesi su cento. Oggi si sono presentati ai seggi appena trenta su cento.

Per Chirac è un duplice smacco: non ha proprio galvanizzato la gente propagandando la modernità del quinquennato. A pezzi è poi la sua visione di una "democrazia più partecipativa" grazie ad un maggiore, più puntuale ricorso al referendum popolare.

"Quando non c´è materia di contesa la mobilitazione è difficile", ha commentato il primo ministro socialista Lionel Jospin e in effetti la medaglia d´oro francese alle olimpiadi dell´astensionismo si spiega in parte con l´assenza di un vero scontro: in linea con l´opinione pubblica la maggioranza delle forze politiche si è schierata per il quinquennato, non c´era guerra tra gollisti e socialisti, la vittoria del sì era scontata in partenza.

Solo i tre piccoli partiti di estrema destra (il Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen, l´RPF di Charles Pasqua e il Movimento Nazionale Repubblicano di Bruno Megret) hanno fatto fuoco e fiamme, con l´argomento che equiparando la durata del mandato presidenziale a quella dell´Assemblea Nazionale (e cioè la Camera dei deputati) si snatura un principio-cardine della Quinta Repubblica fondata dal generale Charles de Gaulle nel 1958 e si intaccano i poteri del capo dello stato.

Malgrado l´indifferenza totale dei francesi per le questioni di ingegneria istituzionale (Monsieur Dupont ha la testa decisamente altrove, si preoccupa per il caro-benzina e per le tasse), l´introduzione del mandato quinquennale dalle presidenziali del 2002 è senz´altro una riforma di portata storica. Basti pensare che il settennato viene da molto lontano: è stata una costante della politica francese dal 1873, dai tempi quindi della Terza Repubblica.

Imprevedibili poi le conseguenze di questa piccola grande riforma, che per i socialisti di Jospin va corroborata con altre più drastiche e di maggior respiro.

Sincronizzando l´elezione del presidente e dell´Assemblea Nazionale dovrebbe diventare molto più difficile la "coabitazione" - potenzialmente paralizzante - tra un presidente di destra e un governo di sinistra o viceversa. Ma non è affatto chiaro se il quinquennato si tradurrà in un rafforzamento o in un indebolimento dei poteri del capo dello stato. Due e opposte tra i politologi le scuole di pensiero: alcuni ritengono che il sistema diventerà ancora più presidenziale e che il primo ministro si ridurrà (come ai tempi di De Gaulle) a docile strumento nelle mani del capo dello stato, per altri invece sarà il parlamento a prendere il sopravvento.

Le malelingue dicono che dopo anni di pervicace avversione Chirac - alle prese con una devastante "tangentopoli sulla Senna" (negli anni Ottanta avrebbe coordinato vorticosi giri di mazzette a favore del partito gollista) - ha cavalcato la tigre del quinquennato per tornaconto personale. Si sarebbe convinto che con il settennato rischiava di perdere parecchi voti alle presidenziali del 2002 quando compirà 70 anni. A molti francesi non piace l´idea di avere un settantasettenne all´Eliseo.

(klei/sda)

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